RUOLO DELL’ECOGRAFIA TRANSESOFAGEA (ETE) NELLA CHIUSURA DEL DIFETTO INTERATRIALE OSTIUM SECUNDUM (DIA) CON DISPOSITIVO CARDIOSEAL
P.L. Festa, S. Maffei, N. Assanta, V. De Lucia, O.M. Assali, S. Redaelli, M. Carminati
Cardiologia, Ospedale Pediatrico Apuano, Massa

 Dal Dicembre ’96 al Marzo ‘97 sono stati inseriti nel protocollo di chiusura percutanea del DIA 18 pz di età media 14,7 anni (range 5-29), con peso medio 43,4 Kg (range22-76) e dimensioni medie del difetto misurato all’ecografia transtoracica 12,5 mm (range 8-15,5). Tutti i pz, come da protocollo, sono stati sottoposti ad ETE, con sonda multiplana, in narcosi durante la procedura. L’impiego dell’ETE è stato finalizzato: 1) alla valutazione delle dimensioni del DIA e dei bordi del difetto, della lunghezza del setto interatriale e del rapporto lunghezza totale setto/diametro DIA; 2) al calcolo dello stretched diameter (scomparsa dello shunt mediante impegno nel DIA del sizing balloon opportunamente calibrato); 3) alla valutazione della localizzazione del dispositivo in atrio sinistro prima del rilascio; 4) al controllo del corretto ancoraggio del dispositivo ai margini del difetto ed alla quantizzazione dell’eventuale shunt residuo. Le dimensioni del DIA valutate con l’ETE risultavano sovrapponibili a quelle misurate con Eco transtoracico, ma inferiori allo stretched diameter. Quest’ultimo, misurato all’ETE, risultava sovrapponibile a quello valutato con la fluoroscopia. Sulla base dello stretched diameter e delle valutazioni morfometriche all’ETE, 4 pz sono stati esclusi. Durante la procedura di rilascio, l’ETE verificava che tutte le braccia metalliche del dispositivo distale fossero correttamente posizionate in atrio sinistro e che il centro del dispositivo fosse ad un’adeguata distanza dal setto interatriale. Infine l’ETE è stato fondamentale nel controllo del risultato finale con il dispositivo posto parallelo al setto interatriale con i due dischi a sandwich rispetto ai margini del difetto. Dei 3 casi in cui questi criteri non erano rispettati, in uno si è verificata l’embolizzazione spontanea del dispositivo in arteria polmonare. Nei 2 restanti casi, sulla base delle informazioni ETE, si è deciso di rimuovere il dispositivo mediante catetere a cestello. In uno è stato impiantato un dispositivo di dimensioni maggiori, nell'altro si è posta indicazione chirurgica per le caratteristiche morfometriche.

In conclusione, le informazioni derivate dall’ETE sono un prezioso ausilio nel decision making durante tutto il corso della procedura di chiusura percutanea del DIA, anche in integrazione con le immagini fluoroscopiche, presupponendo una perfetta intesa tra operatore emodinamista ed ecocardiografista.



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